BREXIT e Fashion: la protesta degli stilisti

 

Le conseguenze dell’uscita dell’UK dall’Unione Europea sono così vaste che è difficile comprenderle in ogni sfumatura. Per quanto riguarda il mercato del fashion e del lusso, per esempio, i problemi hanno dato vita a una protesta che non promette di finire così presto.

Molte catene di abbigliamento inglesi stanno soffrendo il clima tropicale e il deprezzamento generale della sterlina, e questo innesca un meccanismo tra i consumatori che non si vedeva da anni: se ora i brand gridano ai quattro venti di supportare il fashion made in Britain, i prezzi proibitivi impediscono alla gente di comprare.

E i piccoli produttori si ritrovano ad essere impossibilitati a produrre in Inghilterra per via dei costi proibitivi, dovendo quindi optare per una produzione esterna e, di conseguenza, non made in Britain.

Se il giorno prima Vivienne Westwood incitava la gente semplicemente ad andare a votare, il giorno dopo la sua protesta è stata amara. “È una tragedia“, dice sul suo Twitter, “Vogliamo rendere il mondo un posto migliore e dobbiamo cooperare per questo. Non possiamo farlo da soli. Pace e amore.

Anche viaggiare nell’UK per partecipare a sfilate ed eventi fashion potrebbe rivelarsi un vero problema negli anni a venire.

Christopher Bailey di Burberry è stato uno degli oltre cento leader che hanno sottoscritto la lettera del Times of London: “L’UK sarà più forte, più sicuro e migliore se rimarrà un membro dell’EU.”

L’esito del referendum BREXIT getta così un’ombra sul futuro della fashion industry britannica, lasciando tutti gli stilisti e gli amanti del Made in Britain con il fiato sospeso.

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